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UN DRAMMATICO RISVEGLIO 
 Chiara stava uscendo a fatica da un sonno profondo, 
ma non era ancora completamente sveglia. Le sembrava di tornare su questa terra 
dopo essersene andata da chissà quanto tempo ed era una sensazione inquietante. 
Le pareva di sentire bisbigliare alcune voci e avrebbe voluto aprire gli occhi 
ma non ci riusciva e le palpebre le sembravano pesanti come piombo. Provava un 
forte mal di testa, nausea e sentiva lo stomaco sottosopra. Con gran fatica 
riuscì finalmente a schiudere le palpebre e le apparvero alcuni volti sfocati 
chini su di lei. Si sforzò di metterli a fuoco e cominciò a distinguere mamma 
Irene, nonna Adele, una dottoressa in camice bianco e un giovane carabiniere. 
Non si sentiva ancora del tutto sveglia, ma di una cosa si rese conto subito: 
non erano suoi né il letto sul quale era stesa, né la stanza in cui si trovava. «Dove sono?» chiese con un filo di voce.
 «Sei in ospedale, Chiara» le rispose la dottoressa.
 «In ospedale? Cosa mi è successo?» chiese smarrita. 
Non le affiorava alla mente alcun motivo per cui avrebbe dovuto essere su quel 
letto.
 «Noi speravamo fossi tu a raccontarcelo» replicò la 
dottoressa. «Come ti senti?»
 «Mi fanno male la testa e la pancia... ho una forte 
nausea...» sussurrò lei, articolando a fatica ogni parola.
 «Non preoccuparti, ti passeranno» la rassicurò la 
dottoressa.
 Chiara sentì un po' di freddo e alzando un po' il 
lenzuolo per tirarselo sulle spalle, si accorse di avere addosso qualcosa che 
sembrava un ingombrante pannolone per adulti.
 «E questo cos'è?» chiese sconcertata.
 «Hai avuto un'emorragia, niente di grave per 
fortuna. Non ti è ancora passata del tutto ed è per questo che è stato 
necessario il pannolone» rispose la dottoressa.
 «Un'emorragia? Ma... perché?» chiese Chiara, sempre 
più smarrita.
 «Non ricordi proprio nulla di questa notte?»
 La ragazza ebbe qualche istante di incertezza. Cosa 
aveva fatto la sera prima? Poi la sua memoria si snebbiò.
 «Ero alla festa di mia cugina Giorgia» rispose. 
«Ma... qualcuno mi dice una buona volta perché mi trovo qui?»
 «Hai avuto una brutta esperienza...» sospirò la 
dottoressa.
 «Una brutta esperienza? Cosa vuol dire?»
 «Vuol dire che qualcuno... qualcuno si è 
approfittato di te».
 «Qualcuno si è approfittato di me...» ripeté la 
ragazza, come se non avesse afferrato il senso della risposta, poi comprese e 
all'improvviso il mondo intero le crollò addosso. Chiuse gli occhi e iniziò a 
piangere in silenzio, ma avvertì ugualmente gli sguardi dei presenti come 
fossero frecce puntate su di lei, pronte a scoccare per punirla della peggior 
infamia che una ragazza potesse commettere.
 Chiara si chiese chi fosse stato, se uno solo o più 
d'uno, e se per caso non li avesse provocati lei stessa, con la vivacità che 
spesso sua madre le rimproverava. Provò una fortissima vergogna e nascose il 
volto nel cuscino, sottraendosi agli sguardi degli adulti che le stavano 
attorno.
 «Il buttafuori del No-problems ha raccontato 
a tua nonna di averti vista uscire dal locale da sola, ma secondo lui non sei 
più rientrata» intervenne il giovane carabiniere. «Non ti ricordi cos'è successo 
dopo?»
 «Voglio andare a casa» si limitò a piagnucolare 
Chiara che desiderava solo rifugiarsi nella propria stanza per chiudersi a 
chiave, al buio e a faccia in giù sul cuscino, come era solita fare nei momenti 
di sconforto.
 «Sarebbe meglio che restassi ancora un po' qui in 
osservazione» disse la dottoressa.
 «Mi state osservando anche troppo» mormorò Chiara.
 «Credo che il maresciallo Bandini voglia farti 
ancora qualche domanda» aggiunse la dottoressa.
 «Quale domanda?» piagnucolò la ragazza. «Sono io 
che devo farle a voi le domande! Cosa mi hanno fatto? Chi è stato? Ditemelo! Io 
non lo so, non ricordo nulla, volete capirlo? Voglio solo andare a casa, non è 
stata colpa mia!»
 «Certo che non è stata colpa tua! Nessuno ti sta 
accusando» cercò di rassicurarla la dottoressa.
 «E allora perché mi state tutti addosso?»
 «Noi vogliamo solo aiutarti...»
 «Chi ti ha fatto del male dovrebbe avere la giusta 
punizione, non credi?» aggiunse il carabiniere.
 «Forse è meglio lasciarla in pace, maresciallo» 
osservò la madre.
 «Il fatto è, signora, che è proprio nelle ore che 
seguono immediatamente un reato che si può reperire qualche indizio per 
individuare i colpevoli» replicò il carabiniere.
 «Ma quale indizio?» tentò di protestare debolmente 
Chiara. «Io non ricordo niente! Niente di niente! Vuoto assoluto, lo volete 
capire?»
 Non era del tutto vero. La ragazza conservava nella 
memoria alcuni flash simili alle immagini confuse di un sogno, o forse di un 
incubo dal quale ci si è appena svegliati; aveva la sensazione, tuttavia, che 
mettendo a fuoco quei lampi ne avrebbe ricavato dei ricordi terribili di cui 
avrebbe potuto vergognarsi. Non voleva riportarli alla luce ed era meglio che 
restassero persi nella nebbia in cui si trovavano.
 «Forse è meglio non insistere, 
maresciallo» 
suggerì la dottoressa. «La 
interrogherà in un altro momento».
 «No, di questa brutta 
storia non parlerà più nessuno. Chiara deve solo dimenticarsela» intervenne 
d'autorità mamma Irene. «Lasciamola in pace e portiamola a casa».
 «Signora, sua figlia è minorenne e il reato da lei 
subito è perseguibile d'ufficio anche se non viene presentata denuncia. Io sono
obbligato 
a continuare le indagini!» cercò di spiegarle il maresciallo, ma la donna 
nemmeno gli rispose. Aiutò Chiara a indossare un camiciotto procurato da 
un'infermiera e uscì dalla stanza sorreggendo la figlia che stentava a reggersi 
in piedi da sola.
 
 
***
 
Appena giunta a casa, 
Chiara aveva solo voglia di dormire. Si gettò a corpo morto sul letto, ma non 
riuscì a prendere sonno. Si sentiva come se mani estranee l'avessero contaminata 
e provò il bisogno di purificarsi lavando via ogni traccia di 
quell'avvelenamento. Si alzò dal letto ancora incerta sulle gambe e stette a 
lungo sotto la doccia. Tornò a coricarsi, ma dopo un po' ricominciò a sentirsi 
esattamente come prima, anzi peggio. Si rese conto che non era solo il suo corpo 
a essere stato insozzato da quelle mani. La sensazione era molto più profonda e 
non sarebbero bastate mille docce a farla sparire. O forse era lei, si chiese, a 
essere sporca dentro e nessuna doccia avrebbe potuto ripulirla del tutto?Come tutti i ragazzi e ragazze della sua età, anche 
Chiara aveva dei momenti bui, ma nei rapporti con amici e amiche era esuberante 
ed estroversa. Le era già successo che qualche coetaneo avesse frainteso la sua 
esuberanza, tentando di prendersi con lei qualche libertà, tuttavia Chiara aveva 
sempre respinto sdegnata quei goffi tentativi.
 Di una cosa, però, era sicura: se era lei ad avere 
provocato i suoi violentatori, non era di sicuro innocente chi l'aveva ridotta 
chissà come all'impotenza, facendo di lei quello che voleva. Per quanto li 
avesse provocati, ammesso che l'avesse fatto davvero, non era giusto che quei 
farabutti se ne stessero tranquilli, mentre lei non riusciva a chiudere occhio. 
Ricordava vagamente di avere scambiato qualche parola con alcuni ragazzi 
all'esterno della discoteca e si chiese con orrore se non fosse stato davvero 
più d'uno ad abusare di lei. Avrebbe dato chissà che cosa per tornare indietro 
nel tempo, dare ascolto una volta tanto a sua madre e starsene lontana dal 
No-problems.
 Ripensò alle ingenue aspettative per quella festa 
che avrebbe dovuto essere magica e che invece si era trasformata in un incubo. 
Aveva sempre nascosto le sue paturnie adolescenziali dietro una maschera vivace, 
impulsiva e spavalda, cercando di seppellirle sotto una finta impudenza. 
Tuttavia fu consapevole solo in quel momento che la sua era solo una commedia 
mal recitata e quella notte qualcuno l'aveva precipitata in un buco nero senza 
fine dal quale aveva la sensazione che non sarebbe uscita mai più.
 A Chiara arrivarono a un tratto dalla cucina rumori 
di piatti e pentole, assieme a un profumino che in altri momenti le avrebbe 
stuzzicato l'appetito. Le donne di casa fingevano che quella domenica fosse come 
tutte le altre ma non lo era, né per lei, né per loro. La ragazza si accorse di 
avere un buco al posto dello stomaco e pensò che forse, ingoiando qualcosa, 
avrebbe potuto farsi passare almeno quello. S'infilò una tuta e si affacciò 
sulla soglia della cucina.
 Il piccolo televisore sulla credenza era acceso e 
sintonizzato sul notiziario di un canale nazionale. Lo speaker annunciava le 
solite notizie che a Chiara non erano mai importate granché e neppure Irene e 
Adele sembravano prestargli attenzione, ma a un certo punto il mezzobusto dentro 
il video assunse un'aria di circostanza e annunciò una notizia che colpì la 
ragazza come un pugno allo stomaco.
 «Ennesima violenza sulle donne a San Bortolo in Val 
di Persico, in provincia di ******. La vittima, questa volta, è una ragazzina di 
quindici anni».
 Adele si precipitò ad afferrare il telecomando per 
cambiare canale.
 «No!» urlò Chiara e la nonna si bloccò. Lo speaker 
continuò a raccontare, ed era proprio di lei che parlava, mentre in sottofondo 
scorrevano immagini di repertorio di San Bortolo, del No-problems e di 
ragazzine minorenni riprese di spalle.
 «Ma chi ha informato la televisione? L'ospedale? I 
carabinieri?» sbottò infuriata Irene, spegnendo con rabbia la tivù.
 Chiara avrebbe voluto 
dimenticare tutto al più presto, e invece arrivava la televisione nazionale a 
spiattellare al mondo intero la sua brutta storia. Scattò come una molla e tornò 
a rifugiarsi piangendo nel buio della propria stanza.
 
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